Quando parliamo di funnel della lead generation, intendiamo il processo di acquisizione di nuovi lead e il loro percorso (immaginato come un imbuto, da cui il termine funnel) fino a diventare clienti. Se un tempo era l’azienda ad andare alla ricerca dei potenziali clienti, bombardandoli con messaggi pubblicitari, adesso è l’utente che in autonomia si informa e poi sceglie la soluzione giusta per lui. Questa inversione di tendenza però non significa che alle aziende non rimanga altro da fare che restare passivamente in attesa di essere scelte dal consumatore. Si possono indirizzare i propri sforzi nel creare un percorso ottimizzato per condurre l’utente fino all’acquisto, andando appunto a lavorare sul funnel.
Funnel lead generation: TOFU (top of the funnel)
Nel marketing si utilizza quindi l’imbuto come metafora per descrivere il percorso che compie l’utente dal momento del primo approccio al brand fino a quello in cui conclude l’acquisto. La cima del funnel di lead generation, che corrisponde alla parte più larga dell’imbuto, include tutti coloro che entrano in contatto con l’azienda, magari visitando il sito o una delle pagine social. Stiamo parlando di quella che nel customer journey viene indicata come fase di awareness: l’utente sta iniziando ad informarsi per capire come risolvere un problema o per soddisfare un suo desiderio.
In questo stadio l’obiettivo è quello di farsi trovare dai potenziali clienti. Si parte dall’analisi delle loro caratteristiche e dei loro bisogni. L’ideale sarebbe costruire delle vere e proprie buyer personas che rappresentino gli utenti. Questo aiuterà ad individuare i “luoghi” e le modalità migliori per intercettare il proprio target. Gli strumenti utili in questa prima fase del funnel di lead generation sono:
- Blog aziendale: avere un blog su cui trattare i temi più interessanti per i propri utenti è sicuramente una delle migliori strategie per attrarre dei lead sul proprio sito;
- SEO: ottenere un buon posizionamento organico è necessario per ottenere le visite di cui abbiamo bisogno sul sito o sul blog. Avere chiaro il bisogno dell’utente serve ad individuare le parole chiave giuste su cui puntare, ottenendo così un traffico più profilato;
- Paid adv: su Google o sui social (Linkedin, Facebook, Instagram…). Dove non arriva il traffico organico, le inserzioni a pagamento sono un buon sistema per ottenere visibilità. Occorre valutare quali sono gli spazi frequentati dal proprio pubblico target per indirizzare i propri investimenti nel modo più proficuo.
Lead magnet e la fase del MOFU (middle of the funnel)
Passiamo alla successiva fase del funnel di lead generation: a questo punto l’utente ha già manifestato un primo interesse nei confronti dell’azienda. L’obiettivo adesso è quello di raccogliere informazioni su di lui. Avremo bisogno di poterlo contattare per proporgli contenuti e offerte in linea con le sue esigenze: il primo dato da richiedere è senz’altro l’indirizzo email. Ogni dettaglio aggiuntivo ci aiuta nella profilazione del lead. Piuttosto che puntare ad ottenere tantissimi contatti è preferibile concentrarsi su un numero di utenti inferiore, ma più qualificati. Questo permetterà di ottenere dei tassi di conversioni migliori, nel prossimo step. Bisogna quindi fare un’attenta valutazione di quali sono le informazioni che più potranno essere utili a inquadrare il lead e a capire i suoi bisogni, per potersi rivolgere a lui con comunicazioni e offerte personalizzate.
Ma è molto difficile che un utente accetti di lasciare i propri dati all’azienda senza ottenere nulla in cambio. Per incentivarlo la strategia più utilizzata consiste nell’offrirgli qualcosa di valore: un lead magnet. Un lead magnet può essere qualsiasi cosa, a patto che susciti l’interesse dell’utente e sia in qualche modo legato al campo in cui opera l’azienda, come:
- Una newsletter con aggiornamenti del settore e insight significativi;
- Un ebook, magari una guida, un whitepaper, uno studio approfondito su un tema specifico;
- Un template, o un esempio operativo su come fare qualcosa;
- Benchmark di settore;
- L’accesso ad un webinar, il download di un podcast a tema.
Workflow e nurturing per arrivare al BOFU (bottom of the funnel)
Arrivati a questo punto del funnel della lead generation si deve puntare alla conversione. È importante sapere che il percorso del lead per arrivare nel punto più stretto dell’imbuto non segue delle tempistiche predefinite e non è necessariamente lineare. Un utente che parte da un’esigenza molto ben definita (es: “mi serve un nuovo logo”) impiegherà probabilmente meno di qualcuno che ha un bisogno più generico e deve chiarire come soddisfarlo (es: “vorrei incrementare le vendite sul mio sito”). Saranno probabilmente necessari più passaggi per condurre quest’ultimo utente all’acquisto. La mossa più conveniente è inserire i lead all’interno di un workflow, che, attraverso l’invio di email e contenuti sempre più mirati, porteranno l’utente a varie microconversioni, prima della vendita vera e propria. A questo scopo ci sono alcune piattaforme specializzate (come Hubspot) che permettono di impostare dei processi di lead nurturing che si attiveranno e avanzeranno automaticamente al verificarsi di alcuni eventi trigger.
Ad ogni modo, quando il lead sarà “caldo” (magari ha visitato la sezione tariffario del sito web, o ha richiesto un contatto) interverrà il reparto sales. È il momento di mostrare tutto il valore della propria offerta e cosa è che la rende unica. In qualche caso l’utente avrà bisogno di un’ulteriore spinta per convincersi a concludere: proporre uno sconto per un periodo limitato o fornire l’accesso ad una demo potrebbe essere la scelta giusta per vincere le ultime esitazioni.