Il lead management è l’ultimo step per chiudere con successo un percorso di lead generation e anche il momento più complesso e delicato, perché implica che l’azienda e i suoi comparti di sales&marketing condividano un preciso processo di gestione della lead, evitando naturalmente gli errori più comuni.
Lead management che cos’è?
Ma partiamo dall’inizio. Che cos’è il lead management?
Il lead management è il processo immediatamente successivo alla generazione dei lead, quando l’azienda crea dei meccanismi per entrare in connessione con i contatti e incanala ciascuno di essi nel customer journey più adatto per guidarlo verso la conversione in opportunità di business.
Innanzitutto, è importante soffermarsi sul concetto di lead, inteso come nominativo e/o indirizzo mail di un utente più o meno rispondente al potenziale buyer che stiamo cercando sul web.
Partire da questa definizione è importante per coglierne una sfumatura fondamentale: ovvero il fatto che ogni contatto può essere più o meno rispondente al target obiettivo e più o meno pronto a comprare. È quindi necessario stabilire delle scale di priorità e poi dei percorsi differenziati da dedicare a ciascun cluster.
Questo vale soprattutto nel B2B e in quei settori dove il processo di acquisto è lungo e complesso e dove un lead va accompagnato nel percorso di consapevolezza verso la volontà di acquisto.
Perché non esiste lead generation senza un sistema di lead management
Molto spesso l’efficacia delle campagne di lead generation viene giudicata soltanto in base a due KPI:
- il numero di lead generate;
- il numero di lead trasformate in opportunità.
Questi sono indicatori chiave ma il processo di lead management va oltre, aiuta ad analizzare la maggiore complessità del fenomeno per individuare in maniera capillare i problemi esistenti e adottare correttivi specifici.
Il problema delle lead in target è solo uno dei possibili intralci nella trasformazione da lead a opportunità perché ci sono, a seconda dell’azienda, tante altre fasi (fasi del funnel di conversione/lifecycle stage) che richiedono azioni mirate da non sottovalutare.
L’errore principale è quindi non tracciare correttamente l’avanzamento dei lead all’interno del funnel, perdendosi la possibilità di individuare il luogo del problema. Se abbiamo detto che per trasformare un lead in un’opportunità serviranno più touchpoint, sarà necessario che ognuno di essi venga mappato e che per ognuno di essi venga fissato un KPI di trasformazione verso la fase successiva (conversion rate). In questo modo e dopo qualche sperimentazione sarà possibile anche darsi degli obiettivi (SLA, service level agreement) prevedendo la reach complessiva di una campagna e il conversion rate finale da lead a opportunità. È chiaro che se alla fine di una campagna 3 KPI su 4 vengono rispettati saprò dove intervenire e come.
Quali sono gli step per implementare un efficace processo di lead management
Possiamo pensare al processo di lead management in 4 step: terminologia, processo, la definizione di uno SLA e di un sistema di reportistica.
1. Allineare la terminologia
Prima di tutto occorre allineare la terminologia e coinvolgere non solo il team marketing ma anche quello sales in questa fase. È necessario creare consapevolezza su come nella trasformazione dei lead in opportunità il lavoro di ognuno influenzi quello di chi presiede la fase successiva ed è quindi importante condividere e trovare accordo su quali e quanti devono essere i touchpoint fondamentali all’interno del customer juorney di un lead nell’interazione con l’azienda (lifecycle stage). Per fare un esempio è necessario far capire ai sales che un visitatore del sito, non è nient’altro che un possibile acquirente e che tutte le informazioni che possiamo collezionare su di lui, mappando la navigazione o tracciando le sue interazioni con mail, newsletter o altri contenuti forniti dal marketing, servono a tarare al meglio i messaggi nel momento in cui quel prospect deciderà di intraprendere un acquisto o una trattativa commerciale.
2.Condividere un processo
Secondo passo: definire un processo condiviso. Una volta capita l’interrelazione tra le diverse funzioni e compresi gli elementi di influenza reciproca, è importante definire chi fa cosa e come.
Bisognerà quindi impostare una serie di step più o meno automatizzati che consentano il passaggio delle informazioni da un reparto all’altro. In questa fase è molto importante definire anche l’allineamento necessario a livello di infrastruttura tecnologica perché è chiaro che strumenti di questo passaggio sono i tool di marketing automation, il CRM aziendale e gli strumenti di gestione della pipeline sales.
Il risultato finale deve essere il disegno di un processo che ricalchi il buyers journey di ciascun cluster di lead e la definisca in maniera fluida garantendo il passaggio dell’utente dalla parte di ricerca di informazioni alla parte di trattativa commerciale senza alcun attrito.
3.Definire lo SLA
Passiamo quindi allo step 3: quello della definizione dello SLA, principalmente tra Marketing e Sales team. Capite bene che avendo individuato tutto il percorso che un contatto, potenziale buyer deve percorrere, sarà facile ipotizzare dei KPI e settare dei goal.
Creare uno SLA vuol dire proprio saper immaginare e poter prevedere in maniera verosimile quante vendite dovranno essere chiuse nel periodo che prendiamo in considerazione. Facendo un calcolo a ritroso potremmo calcolare quante visite e lead dovranno essere generate dal marketing.
4.Misurazione e reportistica
Ultimo, ma non per importanza è lo step dell’impostazione di un circolo virtuoso di reporting e feedback da entrambi i lati. Misurando infatti i KPI definiti lungo tutta la catena di acquisizione del cliente sarà facile intervenire sui singoli passaggi e fare aggiustamenti dal lato del marketing -per esempio perché sta parlando alla buyer persona sbagliata - o dal lato dei sales - perché stanno ingaggiando in maniera troppo poco incisiva i contatti passati.
Il circolo deve essere poi alimentato da feedback da entrambi i lati perché se il marketing crea messaggi e strategie di comunicazione basandosi solo su metodologie più o meno sperimentate, è il sales che poi entra direttamente in contatto con i clienti o con i possibili buyer. O ancora è il marketing che utilizzando sempre più strumenti di automation e profilazione, può fornire ai sales una quantità considerevole di informazioni sull’interlocutore della conversazione commerciale.
È quindi fondamentale che si crei uno scambio costante di feedback e suggerimenti non solo qualitativi ma anche quantitativi per adottare decisioni data driven e rendere ancora più efficiente il processo.
I 3 errori più diffusi nel processo di lead management
Nel definire in maniera strutturata un processo di lead management è importante curare nel dettaglio ogni azione da intraprendere nelle interazioni con i prospect. Ci sono in particolare tre errori da evitare che possono vanificare ogni sforzo nella strategia di lead generation, che spesso risultano cruciali per il successo della campagna complessiva.
1. Evitate messaggi invasivi e martellanti: la comunicazione deve essere utile e su misura
Nell’era della ricerca della non interruzione nella fruizione dei contenuti, la pubblicità e i contenuti commerciali devono essere il più possibile tarati per l’audience a cui si sta parlando in maniera da non essere percepiti come uno stop nella loro esperienza online ma come una opportunità per trarne maggiore valore. È perciò importante usare strumenti di automazione ma evitare messaggi massivi, invasivi o martellanti. Le tecnologie di marketing automation consentono oggi di profilare l’utente e capire cosa il nostro buyer si aspetta e quando se lo aspetta.
Per fare questo prima di partire bisogna progettare il processo ma anche i contenuti che verranno erogati in ciascuno dei suoi step, non solo il primo con cui catturiamo l’attenzione.
2. Evitate di perdere l’attimo: siate tempestivi nel ricontatto
È importante avere risorse che tempestivamente intercettino il momento del bisogno informativo del prospect. Nella fruizione web di contenuti è importante richiamare o ricontattare un lead “pronto” entro massimo 2 giorni. Nell’era della sovrabbondanza di informazioni a disposizione, è importante evitare che il lead sia andato a cercare altrove o che magari abbia dimenticato di aver fatto quella richiesta o quel downlaod.
3. Evitare di essere autoreferenziali: fornite informazione di valore prima di tutto
La generazione di lead tramite web avviene spesso tramite l’utilizzo di white paper, webinar o altri contenuti a valore che vengono scaricati dagli utenti in differenti fasi del loro processo decisionale. Per questo motivo, abbiamo visto, è importante differenziare il journey di ogni utente in base alla sua rilevata attitudine e prontezza rispetto all’acquisto vero e proprio. Diventano importanti quindi i processi di nurturing e la capacità delle aziende di essere percepite come fornitori di valore informativo prima ancora che di prodotti e servizi. Se i messaggi e le comunicazioni dell’azienda saranno, quindi, improntate su questo principio e saranno coerenti con il percorso di ricerca che l’utente sta facendo, difficilmente saranno percepite come invasive anche se ripetute. È importante quindi tenere attivi una serie di punti di contatto, magari tentando più canali, ma non promuovere la propria azienda o il prodotto come valore in sé ma come un insieme di persone o competenze capaci di risolvere il problema dei miei buyer ancora prima di avergli venduto qualcosa.