Articolo a cura di Riccardo Marchionni, uno dei nostri Demand Generation Heroes, la community di Tech Marketer del Network Digital360.
Oggi per qualsiasi azienda, anche B2B, aggiungere la leva dei video alla propria strategia di marketing è indispensabile per farsi conoscere, spiegare prodotti e strategie, fare campagne educational e offrire informazione di settore, in poche parole fare brand awareness.
I sensi, dall’esperienza all’emozione
Ammettiamolo: ci piace guardare. È biologico, fa parte di noi da quando siamo nati. Molto prima di saper comunicare impariamo a comprendere il mondo intorno a noi osservando. La visione è uno strumento potente. Ancora di più lo è il suono, nella pancia di nostra madre percepiamo il mondo dai suoi rumori, dalle sue vibrazioni.
Ad un certo punto dell’evoluzione, l’uomo ha compreso la forza del rappresentare quello che i propri occhi vedevano, di fissarlo per sempre, di poterlo mostrare, di poter comunicare fatti, eventi e pensieri. La musica ha probabilmente seguito lo stesso percorso, giungendo ad un’espressività addirittura superiore al linguaggio, siamo riusciti a comunicare emozioni.
L’evoluzione del video, da pochi a molti
Dalle prime pitture rupestri della Cuevas de Las Manos al film di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio” la corsa è stata impetuosa ed emozionante. Indipendentemente da paese, lingua, religione, età ed estrazione sociale, abbiamo tutti imparato che vista e udito possono rapire la nostra mente, renderci tristi o felici o ispirati, in infinite sfumature.
Il ventesimo secolo ha visto avvicendarsi schiere di artisti, musicisti e cineasti che hanno prodotto opere dal valore universale, amate in tutto il mondo, probabilmente per sempre. Questa magia fino a poco tempo fa era appannaggio di una élite. Per girare un film o produrre musica di qualità erano necessari budget faraonici ed organizzazioni consolidate.
A metà degli anni ’60 la tecnologia ha fatto un balzo in avanti: la videocamera Super8. Negli anni 80 tutti potevano averne una. Ricordo mio padre curvo sulla moviola manuale che tagliava e incollava pellicola, disegnando introduzioni animate a passo uno, rapito dalla febbre tecnologica e deliziato di fronte alle nostre reazioni di bambini davanti alla proiezione. Mi rendo conto ora che era ancora materia da pionieri.
Rivoluzione digitale e viralità
Oggi siamo nel 2020; l’evoluzione digitale, cominciata nei tardi anni 50, è alla sua massima espressione. Hardware potentissimi a prezzi consumer e un proliferare di software sofisticati per l’editing video e audio hanno cambiato le regole del gioco. Aggiungiamo alla ricetta anche il consolidamento di Internet, vetta del quarto potere dei mezzi di comunicazione di massa.
Nel momento in cui scrivo un ragazzino di 13 anni, da qualche parte nel mondo, con il suo smartphone sta creando e pubblicando un video che in pochissimo tempo catturerà l’attenzione di migliaia se non perfino milioni di persone. Lo stesso ragazzino non otterrà mai questo risultato scrivendo un articolo di un Blog.
Il punto è questo: fare click sul tasto play di un video è una tentazione irresistibile. Siamo curiosi, vogliamo vedere. In più siamo soli con lo schermo, magari con le cuffie per apprezzare bene l’audio. Possiamo emozionarci, possiamo lasciarci andare, ispirare. È così che le cose si fissano nella memoria, con le emozioni.
Video marketing, brand awareness e la sfida per la comunicazione
Tutto questo per dire che l’utilizzo di produzioni video per farsi conoscere, per comunicare e posizionare un brand è imprescindibile. È da tempo ormai che i commerciali nella nostra azienda, per esempio, non portano più in giro software demo da usare di fronte al cliente. Gli forniamo dei video, adatti ad ogni occasione. Dunque, ogni azienda, anche B2B, deve includere il video marketing tra le proprie strategie, soprattutto oggi che la produzione di questi contenuti non è più solo appannaggio di budget stratosferici, ma è appunto alla portata di influencer.
Attenzione però, c’è un rovescio della medaglia. Le aziende hanno un’arma in più per comunicare, interagire e coinvolgere, ma devono stare anche attente al “come”. Ormai siamo tutti assuefatti alla qualità e il consumer non deve mai essere deluso su questo aspetto. Il 62% dei consumatori ha una percezione negativa del brand che pubblica video di bassa qualità. Quindi anche un video aziendale, pubblicato su web deve curare la forma, la qualità, l’efficacia del messaggio e non ultimo il senso del ritmo. Un obiettivo bellissimo ma competitivo se si tiene conto che la soglia di attenzione del nostro pubblico è ridotta ormai a pochissimi minuti. Una sfida ancor più grande se si pensa che solo qualche decennio fa Sergio Leone affermava che bisogna dare allo spettatore un duello ogni mezz’ora, altrimenti si stufa.