Il Dottor Google Ads – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare le landing page

Ok, hai aperto questo articolo attirato dal suo titolo, ma non sei ancora sicuro che varrà la pena leggerlo. 
Ti evito lo scroll folle alla ricerca di titoli e grassetti. In questo racconto basato su esperienze reali troverai: 

• Dati e statistiche relative all’impatto sul business di una landing page non ottimizzata; 
• Suggerimenti su come strutturare una landing page a prova di Google Ads; 
• Un caso reale a testimonianza del rendimento delle stesse campagne adv prima e dopo l’ottimizzazione dell’atterraggio. 

Se anche tu gestisci campagne di advertising e non capisci perché non performino, sei nel posto giusto: mettiti comodo. 

Mettiti nei panni dell’utente 

Chi più chi meno, ormai siamo un po’ tutti figli di Internet: a prescindere dal nostro ruolo professionale, siamo tutti clienti finali di qualcun altro, e proprio per questo trovo particolarmente vincente partire sempre dall’altro lato della barricata nei ragionamenti, meglio ancora se prendiamo spunto da eventi reali. 

Un paio di settimane fa, il mio cagnolone Paco ha mostrato piccoli problemini fisici che in qualche modo potrebbero essere legati anche all’alimentazione. Armato di buone intenzioni e desideroso di migliorare la qualità del suo cibo, ho fatto quello che la mia generazione fa fin dai tempi della scuola: ho chiesto a San Google. 
Ciò che ho trovato mi ha confuso come utente e fatto rabbrividire come professionista del digital marketing. Mi son ritrovato dentro landing page con: 

• testi kilometrici e formattazione tendenzialmente inesistente; 
• video da oltre 20 minuti ricchi di nulla e senza possibilità di mandare avanti la riproduzione; 
• dozzine di offerte diverse, con pochissime informazioni circa la differenza tra una e l’altra soluzione; 
• decine di hyperlink che rimandavano ad altre pagine del sito, a loro volta contenenti altri hyperlink che a loro volta...

Dopo alcuni minuti in questa selva oscura, ho chiuso la ricerca, aperto la mail e scritto al mio veterinario di fiducia. 
Questa banale esperienza già contiene due elementi fondamentali per comprendere il comportamento degli utenti su Google: 

• io ho effettivamente cliccato su alcuni annunci comparsi sulla rete di ricerca. Ciò significa che, su quel fronte, era stato fatto un buon lavoro: all’apparenza, quegli annunci rispondevano alla mia esigenza. A farmi scappare sono state le pagine di atterraggio; 
• non dandomi la risposta che cercavo, mi hanno spinto a scrivere a qualcun altro. Vedendola dal punto di vista del business, di fatto quelle brutte landing page mi hanno spinto a rivolgermi ad un competitor. 

Abbandoniamo ora le vesti di utenti e indossiamo quelle di professionisti del mondo advertising: cosa cambia tra una landing page ed un’altra? Ma soprattutto, come accorgersi di aver in mano una brutta landing page? 

Campanelli d’allarme e dati 

Innanzitutto, quando è “colpa della landing page”? Torniamo un secondo all’esperienza di prima: nella mia ricerca del cibo giusto per Paco, ho cliccato su alcuni annunci. Ciò significa che mi hanno attratto, apparentemente rispondendo alla mia domanda. 
Se quindi nelle tue campagne Google Ads noti anche tu elevati livelli di traffico, ma poche conversioni probabilmente ti trovi nella stessa situazione: a meno che tu non stia biddando su “gattini carini” per posizionare un CRM, allora il problema non risiede alla fonte, quanto nell’atterraggio dei tuoi annunci. 

A questo punto, dobbiamo capire che cosa non sta funzionando nelle nostre landing page. Nella mia testimonianza, ho indicato alcuni fattori che spesso vanno a pregiudicare la qualità di queste pagine: analizziamoli utilizzando alcuni dati a supporto. 
 

Testi eccessivamente lunghi 

Quando si crea una landing page su un prodotto o un servizio, una delle principali preoccupazioni è: risulta tutto chiaro a una persona esterna? Un dubbio legittimo, ma che talvolta porta a sovraccaricare i testi, ottenendo l’effetto opposto e facendo scappare i potenziali clienti. 
Secondo un’indagine di Unbounce infatti più una pagina contiene testo, minore è il conversion rate, con uno scarto del 50% tra landing contenenti meno di 100 parole e pagine da oltre 500. 

“Effetto bazar” 

Ho finalmente spinto un prospect a cliccare su un mio annuncio, l’ho portato in casa mia: quale momento migliore per bombardarlo con tutte le offerte ed i prodotti a mia disposizione, giusto? 
Sbagliato! L’utente che arriva su una landing page ha con ogni probabilità un’esigenza estremamente specifica, che ha espresso nella sua ricerca su Google: mostrargli troppe informazioni su prodotti diversi rischia soltanto di confonderlo, ed un utente confuso è un utente che non converte. 

Ogni prodotto e/o servizio deve avere la sua landing page: secondo una ricerca di HubSpot, frammentare in tal modo l’offerta aiuta gli utenti a capire i prodotti proposti e l’azienda a presidiare meglio le diverse ricerche correlate, con un aumento esponenziale delle conversioni ottenute. 

Nessuna via di fuga 

No, non è una minaccia, ma un punto fondamentale per una landing page funzionante. Complice la sempre più bassa soglia d’attenzione, fornire troppi hyperlink ad un utente rischia di farlo smarrire nei meandri del sito, facendogli dimenticare il suo scopo originale o semplicemente facendogli perdere tempo. 
Ogni elemento presente sulla landing page deve essere mirato alla conversione, e quindi portare gli utenti a navigare il sito è superfluo e dannoso ai fini della lead generation, come dimostrato anche in questo caso dalla ricerca di Unbounce citata prima. 

Sì ma... tutto ciò funziona davvero? 

Ok, fin qui sono state belle parole e consigli teorici, ma qual è la prova della loro efficacia su Google Ads? Presto detto: andiamo nuovamente a pescare da un’esperienza personale, questa volta vissuta nei panni di Adv Specialist. 

Lavorando con un cliente che proponeva soluzioni di ristorazione per le aziende, il mio scopo era aumentare le conversioni su una landing page costruita per fissare un appuntamento commerciale con loro. Dopo aver analizzato keyword, volumi di ricerca e comportamento dei competitor, ho lanciato la campagna: dopo 6 mesi, le lead lavorabili raccolte erano 4, con un costo di acquisizione di oltre 300€. Numeriche assolutamente insufficienti, che mi hanno spinto ad indagare sulle cause: 

• le keyword avevano tutte ottimi volumi di ricerca, con trend tendenzialmente stabili nel corso dell’anno; 
• gli annunci erano perfettamente coerenti col prodotto proposto; 
• il volume di click era soddisfacente, testimoniando un alto numero di persone interessate al tema proposto dagli annunci. 

Sta a vedere che il problema era la landing page? Seguendo i feedback forniti dalle mie analisi, ho provveduto ad apportare alcune modifiche all’atterraggio: testi accorciati, lieve revisione della struttura di pagina, via hyperlink e indicazioni superflue. 

I risultati? In un arco temporale inferiore al precedente (4 mesi), le conversioni lavorabili sono state 17, con una riduzione netta del costo di acquisizione. 
Stesse keyword, stessi annunci, stesso prodotto, stesso target di riferimento. 

Ora ti ho convinto? 

Ci sono altre indicazioni da seguire per una landing page a prova di Google Ads? 

Come ben saprai, ogni campagna Google Ads è una storia a sé, quindi è importante saper prendere solo i consigli giusti caso per caso. Tuttavia, ci sono altri tips&tricks che ho trovato molto spesso utili nella costruzione di una landing page: 

• rendere ben visibile il form di conversione, possibilmente posizionandolo subito in alto nella pagina, accanto al titolo dell’offerta; 
• rendere il form breve e semplice da compilare. Richiedi solo le informazioni strettamente necessarie, come il nome ed un dato di contatto. Per il resto ci sarà tempo; 
• ricordati gli smartphone. Sono ormai parte integrante della vita di tutti: ciò significa che una buona fetta di visite arriverà da questi device. Le tue landing sono ottimizzate per schermi di piccole dimensioni? 
• dividi il testo in paragrafi brevi, inserendo al termine di ognuno un anchor che permetta all’utente di tornare rapidamente al form; 
• usa CTA chiare, dirette, uniche. Smarcati dai classici “Contattaci” o “Chiedi all’esperto” e prova a rendere più dinamica la tua comunicazione!