Digital360 HUB | Blog

La ricetta per essere un grande PM anche lavorando sull’Everest

Scritto da Davide Bonariva | 13 giugno 2024

Se stai leggendo questo articolo forse sei un Project Manager che ha da relativamente poco intrapreso una carriera lavorativa, e ti trovi di fronte a una montagna di nuove informazioni, processi e terminologie da immagazzinare ed imparare, per cui voglio iniziare questo articolo dicendoti da subito che ti sono vicino, e che ci siamo passati, e ci passeranno, tutti. 
Oggi più che mai la flessibilità è un fattore fondamentale: saper lavorare bene ovunque e comunque è una skill meno scontata di quanto si pensi, e per certi versi un’arma a doppio taglio. Innegabilmente il lavoro ibrido offre innumerevoli vantaggi: poter lavorare in maniera QUASI identica tanto a Cernusco sul Naviglio quanto sull’Himalaya era impensabile fino a pochi decenni fa. Ma come orientarsi per trarre il meglio dalle formule ibride? È tutto oro quello che luccica? Vi racconto il mio punto di vista, partendo dall’inizio. 

 

Come sono diventato PM 

Sono diventato Project Manager in Digital360 nel lontanissimo 2022, per cui è dall’alto della mia lunghissima esperienza che voglio darti qualche consiglio su come destreggiarti in questa (probabilmente nuova) avventura. 
Sono entrato in azienda subito dopo la conclusione del mio percorso di studi con un Master in Marketing Management, quindi l’inizio della mia esperienza in Digital360 coincide anche con l’inizio vero e proprio della mia carriera. 

Sono sicuro che non esistano realmente dei lavori che siano di facile ed immediata comprensione all’inizio perché, come tutti sappiamo, il cambio di mentalità dall’essere uno studente al diventare un lavoratore è abissale. Come sono altrettanto certo che il PM sia un ruolo che da subito ti mette di fronte ad una quantità di informazioni che a primo impatto sembra davvero insormontabile.  

Ricordo bene come, appena entrato in azienda, ho iniziato un percorso di formazione su tutti i vari processi, interni ed esterni all’azienda, che riguardano a 360 gradi le attività che tengono in piedi un progetto. In diverse situazioni mi sono ritrovato a seguire spiegazioni relative a flussi complessi di gestione di tempistiche, diversi tool, task, owner di singole attività da coinvolgere nella realizzazione dei vari asset, per poi fermarmi un attimo e ritrovarmi a pensare: “ma precisamente, questo White Paper, cos’è?” 

È proprio il ricordo di quella sensazione il motivo per cui, a mio parere, l’unico modo per uscirne indenni, o quantomeno feriti gravemente ma vivi, è quello di affrontare le cose un passo alla volta. 

Che gran consiglio dirai tu, è ovvio! E invece no, non è scontato come sembra, perché in un mondo dove alla domanda “per quando va fatto questo?” nel 99% dei casi la risposta è “per ieri”, cercare di affrontare le cose senza ansia e frenesia non è facile. Ti sembrerà di stare andando forse troppo lento, ma in realtà è il modo migliore per consolidare realmente quello che stai apprendendo, evitando di ritrovarti a correre, correre, correre e arrivare al traguardo dimenticandoti che sei partito senza scarpe, ed è lì che poi senti quanto fanno male davvero i piedi. 

Senza contare poi il periodo storico in cui siamo oggi, dove ci confrontiamo con una grossissima variabile, ovvero quella appunto del lavoro ibrido; e qui torniamo all’inizio: il lavoro ibrido è un bene o un male per un Project Manager? 

Beh, come in tutte le cose, ci sono sia pro che contro (esatto, è un articolo pieno di colpi di scena). 

 

Perché il lavoro ibrido è la rovina dei PM 

Ci sono sicuramente diversi motivi per i quali il lavoro ibrido non è il miglior amico del PM, ma a mio parere quello principale è la mancanza, o la carenza, del rapporto umano in primis con i colleghi, ma soprattutto con i clienti. 

È ovvio che questo sia un problema per qualsiasi ruolo e livello, ma dalla prospettiva di un project manager, che per la maggior parte del tempo si ritrova a dover “gestire” le risorse interne del proprio team, e il rapporto con il team del cliente, il rischio di fraintendimenti rappresenta un aspetto davvero critico. Basta un attimo di assenza di... campo al campo base e un messaggio non arriva, oppure è poco chiaro, oppure può capitare anche un errore di battitura che ne cambia il significato, che subito si rischia di bloccare un processo e perdere diverse ore di lavoro.  

Il lato umano però non si limita soltanto a questo, perché sappiamo tutti che la gestione delle relazioni e dei rapporti, sia interni che esterni all’azienda, può determinare la buona riuscita o il fallimento di un progetto, ed è giusto che ognuno abbia il proprio modo di interagire e di relazionarsi con le persone. È però fondamentale preoccuparsi anche di capire al meglio le esigenze e i problemi degli altri, per riuscire a venirsi incontro e trovare la soluzione migliore per tutti; è utopia probabilmente, ma con dei piccoli gesti cambiano davvero tantissime cose. 

Io, ad esempio, mi sono reso conto che si incontrano delle difficoltà, se vogliamo anche fisiologiche, quando si subentra in un progetto ad un collega che deve lasciare quell’attività. È normale che i rapporti creati in precedenza siano difficili da sostituire, figuriamoci quando un cliente si ritrova un ragazzo di 25 anni che subentra a un Project Manager esperto con il quale ha messo in piedi un intero progetto: è quasi impossibile sostituirlo pienamente. 

Tuttavia, mi sono accorto come, dopo aver incontrato di persona il cliente, gestito magari un SAL in presenza con il quale conoscersi di persona e confrontarsi insieme su diversi aspetti del progetto, azzerando di fatto la barriera del digitale e delle video call, il fatto di creare un momento umano di condivisione e confronto e di entrare in confidenza abbia fatto cambiare notevolmente i rapporti con i clienti, facendo aumentare la fiducia e la cooperazione. 

 

Perché il lavoro ibrido è la salvezza dei PM 

È anche vero che il lavoro ibrido può essere davvero un’ottima spalla per un PM 

Non si può non considerare quanto dia la possibilità di incrementare al massimo la produttività e la velocità per lo sviluppo dei processi. Il lavoro Ibrido permette ad un PM di ottimizzare i tempi per sé stesso e per il proprio team al meglio, creando un ambiente di lavoro dove i tempi di risposta sono ridotti al minimo. Ciò comporta la possibilità di intervenire con tempestività su una qualsiasi attività del progetto che richiede una maggiore attenzione, e di coinvolgere in qualsiasi momento un esperto che possa supportare l’intero team nell’avanzamento o miglioramento di una precisa parte del progetto. 

È pur vero che lavoro ibrido non significa lavorare soltanto da remoto, per cui, anche in base all’impronta decisa dall’azienda sulla modalità di lavoro, se office-first o remote-first (come spiegato dall’articolo Hybrid work: che cos’è e perché le aziende dovrebbero seriamente prenderlo in considerazione), la missione del PM dev’essere quella di trovare il giusto equilibrio tra produttività ed ottimizzazione dei processi da remoto e coinvolgimento delle risorse del team in ufficio, per evitare di lasciare qualcuno ai margini di un progetto. 

Anche perché, in fin dei conti, lo sappiamo tutti: la maggior parte delle idee migliori ci vengono davanti alla macchinetta del caffè. 

 

Prontuario d’emergenza per PM sull’Himalaya

Ma quindi, cosa serve oggi per essere un buon PM nell’era del lavoro ibrido e poter fare bene tanto in ufficio quanto sull’Everest? 

Beh, dopo ben due anni di esperienza, è ovvio che sia il più qualificato sul pianeta per rispondere...   A parte gli scherzi, ecco cosa ho imparato: 

  • Cerca di trovare sempre dei piccoli momenti in call per creare un rapporto umano con colleghi e clienti. Basta poco per fare la differenza, anche solo due minuti di chiacchiera prima che si colleghino tutti ad una riunione possono alleggerire la riunione stessa; 
  • Preoccupati di scrivere le mail e i messaggi come vorresti leggerli. Da dietro un monitor e a 8000 metri basta poco per fraintendere, per cui meglio perdere 1 minuto in più quando si scrive piuttosto che dover recuperare magari 2 ore di lavoro sbagliato; 
  • Sfrutta al massimo i momenti in ufficio per chiedere spiegazioni o suggerimenti a colleghi più esperti. Nessuno si aspetta che tu sappia fare tutto all’inizio, ma è anche vero che se non chiedi non puoi essere aiutato; 
  • Preoccupati di non risultare freddo o brusco quando scrivi. Riducendo i momenti di contatto umano è più complesso decodificare i messaggi, per cui ben venga la sintesi ma occhio a non sembrare maleducato; 
  • Cerca di organizzare dei momenti in presenza con i clienti. Se crei dei rapporti umani più solidi riuscirai ad interpretare meglio le esigenze reali dei tuoi referenti e ne gioverà di sicuro l’intera collaborazione: ogni tanto scendi dall’Everest insomma; 
  • Concorda insieme al cliente una modalità di lavoro da remoto comune. Ad oggi ci sono davvero tantissimi tool diversi per il lavoro da remoto, per cui è fondamentale concordare una modalità di lavoro che faciliti le attività sia al tuo team che a quello del cliente; 
  • Partecipa alle riunioni mettendoci la faccia. Sembra banale ma mostrarsi durante le call riduce sensibilmente la sensazione di distacco creata dal collegamento in remoto, per cui non nasconderti spegnendo la telecamera ma cerca di farti vedere sempre nelle riunioni, puntando anche a spronare gli altri partecipanti a fare lo stesso. Se poi dietro di te si intravede un massiccio mozzafiato beh, tanto meglio...