Il successo di un contenuto è determinato da diversi fattori. Innanzitutto, dal livello di approfondimento, che è fondamentale per attirare l'attenzione del pubblico di riferimento; inoltre, il contenuto deve essere aggiornato e distribuito sui canali appropriati, ovvero quelli che con più facilità raggiungono la buyer persona.
Solitamente, creare contenuti di qualità significa partire da zero: un'idea iniziale, una ricerca approfondita, eventuali interviste, la stesura di una bozza, la fase di editing e, infine, la pubblicazione. Tuttavia, ci sono situazioni in cui non è necessario partire da una pagina bianca, ma può essere opportuno riutilizzare, con adeguati accorgimenti, contenuti già esistenti. In questo si manifesta il rapporto tra content marketing e recycling.
Il caso più semplice e comune, con cui si ha a che fare frequentemente, è l’aggiornamento di contenuti già pubblicati. Qualsiasi sia l’argomento trattato, emergono sempre nuove ricerche, dati di mercato, nuove prospettive o modalità diverse per risolvere i pain cui il contenuto fa riferimento. In tal caso, l’aggiornamento è una tappa obbligata per far sì che il contenuto vinca le sfide del tempo.
Le domande che ci si pone sono sostanzialmente due: parlando di contenuti testuali, quali articoli aggiornare? E come farlo per non perdere posizionamento organico, ma al massimo per migliorarlo?
Premesso che la scienza esatta alberga altrove, si potrebbe fare un’indagine SEO per comprendere quali tra gli articoli posizionati meglio su specifiche keyword (e quindi verosimilmente più letti) abbiano effettivamente bisogno di un restyling di contenuto, per poi eseguirlo non condizionando i risultati già ottenuti. Ritengo molto pericoloso, per esempio, modificare un titolo H1 se non sia strettamente necessario, oppure eliminare o ridurre informazioni corrispondenti all’intento di ricerca solo perché “superate”. Semmai, scoperto l’intento è proprio lì che il pezzo va potenziato e aggiornato.
In questo modo, è possibile adottare un approccio preventivo ed evitare che contenuti dei competitor, magari più recenti, possano in qualche modo scavalcarci in classifica. Un altro modus operandi, questa volta reattivo, consiste nel verificare quali contenuti siano stati effettivamente penalizzati dal motore di ricerca nell’ultimo periodo, così da arricchirli (non semplicemente “allungarli”) con informazioni di valore e potenziarne verosimilmente la visibilità.
Content marketing e recycling non si esauriscono nell’aggiornamento di contenuti ormai obsoleti. Il concetto di content recycling è molto più ampio e richiede anche una certa competenza per essere gestito al meglio.
Ritengo che l’elemento core sia la capacità, che inevitabilmente deriva dall’esperienza, di adottare una visione ampia e strategica per rimodellare contenuti esistenti e far sì che siano più in linea con le esigenze del proprio target.
Rimanendo in ambito testuale, l’esempio tipico è la scomposizione dei pillar e, in generale, degli articoli long-form. Il mondo B2B vive di long-form, appartenendo a questa categoria – per esempio – i white paper e gli e-book. Questi contenuti, che oltretutto non sono pubblicati su web e quindi non pongono problematiche SEO, possono essere rielaborati in più contenuti diversi sulla base di una strategia definita a monte. Partendo da un e-book, potrebbe essere possibile costruire un pillar per inquadrare il tema di fondo e poi tanti articoli di approfondimento i cui contenuti derivano dai singoli capitoli dell’e-book stesso.
In tutto ciò, la professionalità e l’esperienza non riguardano soltanto gli aspetti strategici, ma anche la rielaborazione del contenuto. In altri termini, non pensate di fare un buon lavoro a colpi di copia/incolla o che sia “un’attività da 5 minuti”. Semplicemente, non lo è.
Proseguendo con il recycling strategico, alla pubblicazione dei singoli articoli su web segue un monitoraggio costante di KPI come traffico, tempo di lettura, frequenza di rimbalzo ecc. Una volta identificati gli argomenti che interessano di più al nostro target, perché non organizzare un evento (magari online) sull’argomento?
Una volta impiegato (molto) tempo per realizzare un long-form o un pillar, con tanto di ricerca di dati e informazioni, perché non valorizzarlo offrendolo in diversi formati opportunamente riarrangiati?
Gli esempi d’elezione sono la conversione di un articolo pillar in infografica e delle case history in blog post, ma anche in questo caso il limite è solo la creatività. Occorre però seguire una raccomandazione: content marketing e recycling hanno senso nel momento in cui la creazione di contenuto sia più rapida ed economica rispetto a partire dal foglio bianco, ma questo lo si ottiene solo se il contenuto principale (es, il pillar, quello che viene realizzato per primo) viene strutturato a monte con l’idea della modularità, ovvero di poterci ricavare contenuti diversi con un effort adeguato. In caso contrario, il tempo necessario per la rielaborazione potrebbe non essere economicamente sostenibile.
Oggi, poi, l’esplosione dell’intelligenza artificiale e dell’automazione fanno sì che anche formati che di per sé richiedono alta professionalità e sono tradizionalmente molto costosi (si pensi ai video o ai podcast) possano essere realizzati con un effort limitato. Se esiste una visione strategica, al singolo contenuto non si aprono quindi solo possibilità multicanale, che già sono adottate dalla stragrande maggioranza delle imprese, ma anche multiformato, per catturare trend emergenti di fruizione dei contenuti. Gli esempi dei video e dei podcast sono eloquenti e attuali.