La maggior parte delle aziende si affida ad agenzie esterne per la realizzazione del proprio piano editoriale e, d’altra parte, tutte le agenzie offrono questo tipo di servizio. Ma come giudicare la bontà e l’efficacia di un piano editoriale dai titoli e dalla sua struttura?
In questo articolo, vi spiego per filo e per segno tutti gli elementi che dovete prendere in considerazione per valutare il piano editoriale della vostra agenzia e le 7 domande che potete porre per capire se qualcosa è stato preso sottogamba.
Il primo requisito per giudicare un piano editoriale per un sito web è valutarne la logica SEO.
Sappiamo bene che l’obiettivo più importante di un piano editoriale è posizionarsi sui motori di ricerca e questo è possibile solo attraverso un maniacale studio della SEO.
Attenzione però.
L’assioma sembra semplicissimo: il piano editoriale deve posizionarsi, per farlo serve la SEO, il piano editoriale deve essere SEO.
In realtà la SEO è una mappa che per essere tracciata ha bisogno di una serie di considerazioni, vediamo le principali:
Un blog appena partito è come un neonato, passerà molto tempo prima che qualcuno lo ascolti. Google ci metterà circa tre mesi per rendersi conto che esistete. In questo caso usare parole chiave troppo ampie, popolari o abusate -come per esempio Digital transformation, Smart working, Cloud ecc.- vi allontana ancor di più dal vostro obiettivo di posizionamento.
Se il blog è già ben posizionato nei vostri topic, allora una buona domanda è: in che modo è progettata la SEO rispetto al posizionamento attuale? La risposta che dovete aspettarvi dalla vostra Agency a questo punto è “rispetto all’andamento dei dati che abbiamo potuto osservare su Google Search Console, vogliamo bla bla bla.” Qualsiasi sia la loro proposta deve essere sostenuta dai dati.
Sostanzialmente il piano editoriale non è un monolite, ma è un mezzo dinamico, come una barca, che vi aiuta ad avere visibilità, posizionarci e in definitiva attrarre buyer. Chi si occupa di guidare questo mezzo deve dimostrarvi di avere ben saldo il timone, dati alla mano.
La risposta a questa domanda in teoria la vostra agenzia dovrebbe già conoscerla e dovrebbe avervela posta all’inizio. In caso negativo, meglio cambiare subito partner. Prima ancora del piano editoriale, occorre fare la mappatura di topic e keyword: sarà un lavoro che guiderà le strategie editoriali anno dopo anno e vi porterete sempre dietro, agenzia dopo agenzia. Come detto prima, però, occorre evitare di andare su parole chiave abusate, inflazionate, buzzword. Chi si occupa del piano editoriale, quindi, deve fare tassativamente una mappa delle keyword e dirvi rispetto al vostro obiettivo e rispetto al vostro attuale posizionamento quali usare ora, adesso.
Ovviamente connesso ai due punti sopra, c’è un altro elemento che deve emergere nel piano editoriale, ovvero la vostra posizione rispetto al topic. Prendiamo per esempio il topic Smart working e immaginiamo che la vostra azienda abbia sviluppato una piattaforma per abilitarlo. Tra le vostre keyword dovrà esserci esattamente quello che fate, ovvero “piattaforma per smart working”. Vi dovete distinguere da tutti quelli che nell’ambito smart working fanno altro, come fornire “consulenza per lo smart working” o “cyber sicurezza in smart working”. Questo definirà la ricerca per la quale dovete essere presenti, non un macrotopic, ma una precisa e unica posizione nell’universo delle ricerche.
Dunque, in sintesi, uno degli elementi da prendere in considerazione per giudicare il piano editoriale della vostra agenzia è l’efficacia nel posizionamento. Per valutare questo aspetto, le domande da porsi e da porre anche al partner sono:
Il piano editoriale è SEO oriented?
Il topic e le keyword sono centrati rispetto alla nostra azienda?
Le keyword sono misurate e scelte in base al nostro attuale posizionamento?
Le keyword rispecchiano la nostra value proposition unica e differenziante?
Se la risposta è no anche a una di queste domande, il piano editoriale dovrà essere rivisto.
Il secondo macro requisito per giudicare la qualità del piano editoriale che avete commissionato alla vostra agenzia è valutarne l’efficacia rispetto all’obiettivo importantissimo di attrazione e coinvolgimento dei lead.
Ora, come spesso racconto ai nostri clienti, questo è il secondo grande ostacolo che il piano editoriale deve superare per “diventare grande”.
Intanto un passo indietro per evitare fraintendimenti: che cosa intendiamo per “lead”. Nel marketing il lead è più di un “contatto”, che è la sua traduzione letterale. Indichiamo con lead un potenziale acquirente.
Quindi, non stiamo parlando della lettura del nostro articolo da parte di un semplice lettore o di un visitatore casuale del nostro sito ma qualcuno che potrebbe essere interessato a ciò che facciamo, alle nostre soluzioni o ai nostri prodotti.
Ecco allora che risulta evidente quali sono gli errori di un piano editoriale che possono compromettere la sua efficacia nella lead generation:
essere troppo generico, troppo ampio nei temi
non tenere conto della buyer persona specifica.
Vediamo qui di seguito le conseguenze principali di questi due macro errori.
Nel primo caso, se il piano editoriale è troppo ampio, rischiamo di attrarre solo tanti curiosi, in cerca di definizioni, ma non il nostro potenziale cliente. Se riprendiamo l’esempio precedente relativo allo smart working, si tratterebbe di un titolo così: “Smart working cos’è, perché tutti ne parlano”. Questo titolo, tolto il fatto che è terribilmente competitivo, risponde a una richiesta di informazione molto ampia da parte di target generico e variegato che verosimilmente non sarà il nostro, perché chi cerca o è interessato a una piattaforma per lo smart working ne conosce già il significato e l’importanza attuale. Se dovessimo mai posizionarci per un titolo così ampio, genereremmo solo quello che nel gergo si chiama traffico sporco. Quale dinamica vedremmo? Tante letture, ma poche conversioni verso altri contenuti del sito.
Nel secondo caso, se il piano editoriale non viene pensato per la buyer persona specifica, si potranno generare lead ma difficilmente saranno in target. Cosa significa sviluppare un piano editoriale che sia in linea con la propria buyer persona? Significa andare a centrare esattamente i bisogni, i problemi e gli obiettivi delle persone a cui vogliamo parlare, quelle che hanno bisogno delle nostre soluzioni o prodotti per risolvere i loro problemi.
Ora, come rendersi conto che questo requisito sia rispettato? Semplice, più il piano editoriale diventa specifico e mirato alla vostra buyer, e sempre più gli articoli diventano le risposte ai quesiti che i vostri prospect fanno in sede di trattativa commerciale: “Quali sono i requisiti di sicurezza che una piattaforma per lo smart working deve avere?”.
Se il contenuto dei vostri blog post vi aiuta in fase commerciale, allora il piano editoriale è in focus con la vostra buyer persona.
In breve, il secondo elemento da considerare nel piano editoriale della vostra agenzia è l’efficacia verso l'obiettivo di lead generation.
Le domande da porsi sono:
Se la risposta è no anche a una di queste domande, il piano editoriale dovrà essere rivisto.
Bene, siamo arrivati alla fine. Cosa manca oltre a posizionarsi su Google e a fornire risposte contingenti a problemi specifici della vostra buyer persona?
Manca l’appeal.
Ci sono tantissimi titoli tra cui scegliere sullo stesso tema, perché il vostro? Perché forse è un pugno nella pancia, perché incuriosisce, perché è attuale, perché è sfacciato.
Questo è l’ultimo criterio per giudicare il piano editoriale della vostra agenzia:
Quanta voglia avete di leggere i titoli che hanno proposto? Quanta voglia avete di vedere che cosa c’è dentro?
Al bando i classici “4 modi per fare qualcosa meglio”! È ora di “Come Squid Game ci spiega il content marketing”. Meglio osare con un titolo sfrontato, provocatorio, complesso piuttosto che rifugiarsi nel comfort in uno didascalico, piatto e anonimo.
Questo non solo per una ragione di ranking, ma anche di appeal sui social network. Una volta postato avremo, infatti, più chance di condivisione con un titolo sexy piuttosto che con uno pedante.
In sintesi, il terzo elemento da considerare nel piano editoriale della vostra agenzia è l’appeal dei titoli stessi.
L’unica domanda da porsi è:
Vorrei leggere il contenuto?
Se la risposta è no, dovete veramente farlo presente alla vostra agency.
In definitiva ci sono sette domande da porsi per valutare la qualità di un piano editoriale:
Alcuni elementi potranno non essere a fuoco subito, alcune sfasature potranno essere ottimizzate in corsa. Ciò che credo sia in definitiva l’elemento da valutare nel lavoro della vostra agency è la flessibilità. Il piano editoriale non è e non può essere una costruzione immutabile, ma deve essere visto come una nuvola che cambia forma nel tempo. Nel corso dei mesi la vostra agency, se è davvero competente, dovrà magari ottimizzare titoli, contenuti, paragrafi per migliorarne posizionamento, click-through rate, tempi di lettura. Gli articoli del piano editoriale sono infatti un mezzo per raggiungere l’obiettivo, non un elemento di vanità. Se il piano editoriale non vi porta dove volete, non abbiate paura di cestinarlo e di trovare un partner che sappia veramente guidare la vostra strategia di content marketing.